Page 3 - Bollettino del Rotary Club Bergamo Sud
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05 novembre 2015 Rotary Club Bergamo Sud Bollettino n. 10 (640)
anno rotariano 2015-2016
In questa sua introduzione ha pure ricordato un altro grande personaggio di Bergamo “... io l’ho conosciuto giovanissimo: è Carlo Pesenti. Pesenti aveva
un’idea fissa: l’Italia, il lavoro e l’Europa, ma il Mediterraneo soprattutto. Come andrò a chiarire più avanti.”
Dopo queste bella introduzione, che ci ha fatto sentire orgogliosi di Bergamo, ha cominciato ha spiegarci le ragioni della crisi strutturale dell’Europa. Crisi che non è generata dal fatto contingente dell’immigrazione, ma che va ben oltre.
Questa è la sua relazione completa.
E' bene essere chiari fin dall'inizio: l'Europa Unita non riesce a gestire le sue ormai numerose crisi strutturali.
E non perché non ci sia "abbastanza Europa", come dicono gli ottimisti, eredi di una ben diversa stagione politica della unione, ma perché c'è una UE che non è stata pensata e progettata per resistere alle sollecitazioni che sta subendo in questi ultimi anni. La questione dell'immigrazione è, da questo punto di vista, un caso di scuola.
Durante il 2014, sono stati concessi in unione Europea 2,3 milioni di permessi di soggiorno, con 29,5% di essi per ricomposizione familiare e il 24,8% per lavoro.
170.000 sono arrivati, fino ad ora, dalla Libia, provenienti da molti paesi dell'Africa subsahariana, e si tratta qui di due motivazioni strutturali del fenomeno.
La prima è lo youth bulge, il sovraccarico di popolazione in giovane età che non può trovare lavoro comunque mantenimento in tutta l'Africa Nera.
Nel 2050, prevede l'UNICEF, gli africani sotto i diciotto anni potrebbero diventare oltre un miliardo, mentre la crescita media della popolazione si "mangia" figurativamente ogni crescita possibile del PIL.
Ma, se arriveranno mai sufficienti posti di lavoro in
responsabile: Edoardo Gerbelli
tutta l'Africa in fase di scoppio demograficoo, saranno tutte occupazioni labor saving, a basso impiego di manodopera.
Quindi, l'immigrazione sarà un elemento di tensione strutturale massima per tutta l'UE, indipendentemente dalle politiche unitarie intraprese e dalle politiche nazionali, che tenderanno inevitabilmente a divergere.
La crisi avverrà, per il Paesi del Nord della UE come per quelli dell'Europa meridionale, dalla impossibilità di gestire il welfare correlato all'accoglienza di quote di immigrazione che sono sempre più rilevanti, con una quota sempre più elevata di giovani soli e di ragazzi o di famiglie che ben sanno utilizzare le "offerte" dello Stato Sociale europeo. Una prima crisi politica sta già avvenendo in Germania, dove la cancelliera Angela Merkel sta subendo una tensione politica da parte della parte bavarese della Democrazia Cristiana tedesca, la CSU, che potrebbe costarle la carica di cancelliere.
E una forte opposizione alle "aperture" della Cancelliera sull'immigrazione è presente anche nel suo stesso partito.
D'altra parte, dall'Austria e quindi dalla Baviera passano oltre diecimila migranti al giorno, soprattutto dal Sud (e dall'Italia) e dalle aree balcaniche.
E' bene ricordare che l'Ungheria di Orbàn vuole costruire una barriera lunga 175 chilometri e alta quattro metri d'altezza, che separi efficacemente Ungheria e Serbia, ma il partito Fidesz dell'attuale premier ungherese ha raggiunto, proprio con questa linea politica, il 48% dei consensi alle ultime lezioni, nell'aprile 2014.
Facile, ingenuo, superficiale parlare di "populismi" antiimmigrazione che serpeggiano nell'elettorato UE, dove un sovranismo francese, che si identifica con il front national di Marine le Pen, ha poco a che fare con il progetto neoleghista italiano di diventare il partito euroscettico di tutta la penisola, mentre si presentano tentazioni anch'esse sovraniste e autonomiste in Germania, in Austria, perfino in Gran Bretagna.
Tutti i "populismi" sono diversi, ma tutti registrano un dato di fatto dal quale dobbiamo forzosamente partire: l'Europa del Trattato di Roma non c'è più e, soprattutto, nessuno lo vuole più. Europeisti o meno non importa.
L'idea della UE durante la guerra fredda era chiara: costruire un Mercato Comune che ottimizzasse i potenziali nazionali, diminuisse le barriere tariffarie e non agli scambi infracontinentali, aiutasse l'Alleanza Atlantica nel suo scontro ortodosso e non con il Patto di Varsavia.
E il problema oggi si ripropone: la tentazione del sovranismo nazionale o di area, dentro l'UE, è già un dato di fatto, che vale per tutti, a Nord come a Sud, si tratta solo di vedere in che modo questa tensione politica, che serpeggia tra i popoli e le stesse classi dirigenti, si manifesterà ancora, magari anche a
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