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14 settembre 2017 Rotary Club Bergamo Sud Bollettino n. 05 (702)
anno rotariano 2017 - 2018
Nel pensiero comune “rischio” e “pericolo” sono percepiti dalla gente con lo stesso significato. Non è così, ce lo ha spiegato molto bene l'ing. Claudio Merati con la sua relazione.
“Gleno: ricordo di una tragedia, impegni per la sicurezza”
Il Presidente Marco ROSSINI in apertura di conviviale ha presentato il relatore della serata leggendo il notevole curriculum e competenza in materia dell'ing. Claudio Merati.
Nella seconda parte della serata ha poi dato la parola al relatore il quale, partendo dal ricordo del disastro della diga del Gleno avvenuto il 1 dicembre dl 1923, ci ha spiegato in modo molto chiaro la differenza sostanziale. Per meglio comprendere ciò è stato però necessario prima dare l'esatta definizione dei termini tecnici usati e la differenza che intercorre tra tra “diga” e “traversa”.
La costruzione di sbarramenti lungo il corso dei fiumi è una pratica umana che risale agli albori della storia. La prima diga a noi nota fu costruita verso il 4.000 a.c. in Egitto allo scopo di deviare il corso del Nilo ed edificare la città di Menfi sui terreni sottratti al fiume.
A causa dei danni provocati dalle inondazioni, pochissime dighe risalenti a oltre un secolo fa sono ancora integre.
coordinatore Edoardo Gerbelli
L'utilità delle dighe è sempre stata collegata al loro rischio.
Cos'è quindi il RISCHIO? “Il rischio – ha detto l'ing. Merati - esprime il danno in termini di vite umane, distruzioni di beni o attività umane o risorse naturali per effetto di un dato evento in uno specifico contesto: RISCHIO = PERICOLOSITÀ' X VULNERABILITÀ'” - “per cui possiamo avere situazioni che anche in presenza di territori con una vulnerabilità marcata ma dove la pericolosità è assente o ridotta al minimo per cui il rischio che si verifichi una tragedia è basso.
Fatta questa premessa è poi passato ad illustrare tre fatti concreti, tre tragedie molto vive nella memoria: La diga del Gleno; la diga di Tesero Val di Stava e la diga del Vajont.
Il crollo della diga del Gleno ha comportato la precipitazione verso valle di sei milioni di metri cubi d'acqua, fango e detriti. L'enorme massa d'acqua, preceduta da un terrificante spostamento d'aria, distrusse prima il paese di Bueggio poi le centrali di Povo e Valbona, il ponte Formello e il Santuario della Madonna di Colere. Raggiunse in seguito l'abitato di Dezzo che fu praticamente distrutto. Prima di raggiungere l'abitato di Angolo, l'enorme massa d'acqua formò una sorta di lago che preservò l'abitato; mentre a Mazzunno vennero spazzati via la centrale elettrica ed il cimitero.
La fiumana discese quindi velocemente verso l'abitato di Gorzone e proseguì verso Boario e Corna di Darfo, seguendo il corso del torrente Dezzo e mietendo numerose vittime al suo passaggio. Quarantacinque minuti dopo il crollo della diga la massa d'acqua raggiunse il lago d'Iseo. I morti furono ufficialmente 356, ma i numeri sono ancora incerti.
Per capire come è avvenuta questa tragedia l'ing. Merati ha illustrato i tempi e la modalità con cui è stata costruita. “tutto questo è successo perché a monte non c'è stato un vero e proprio progetto. Le varianti in corso d'opera con l'uso di materiale scadente hanno comportato la costruzione di un manufatto eterogeneo.
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